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Crisi nel mercato dei crediti di carbonio: dubbi sulla trasparenza delle compensazioni

Emissioni industriali di anidride carbonica e gas ad effetto serra
 Assistiamo ormai ogni giorno a notizie da tutto il mondo circa gli effetti collaterali devastanti del cambiamento climatico
Per questa ragione gli obiettivi europei di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, vedono come una delle principali priorità, limitare il surriscaldamento globale a 1,5 gradi e ridurre così i danni ambientali che ne derivano.
Nello specifico, è stata stabilita la necessità di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030.

Tra le possibili soluzioni che le imprese possono adottare per limitare gli impatti ambientali dei propri processi produttivi sul climate change, vi è la riduzione della carbon footprint, che misura il totale delle emissioni di gas ad effetto serra prodotte, in termini di CO2. 

In particolare, i crediti di carbonio possono costituire uno strumento fondamentale per contribuire alla lotta al cambiamento climatico.

Crediti di carbonio: cosa sono 

Come approfondito nel nostro articolo Carbon credit: cosa sono e perché le aziende ne sono interessate, per crediti di carbonio (carbon credit) s’intende sostanzialmente un’autorizzazione negoziabile, e quindi acquistabile dalle aziende, a emettere una tonnellata di CO2. 

In questo modo, i soldi spesi dalle imprese per compensare quell’emissione di anidride carbonica, vengono poi investiti in progetti sostenibili che contribuiscono alla salvaguardia dell’ambiente, con lo scopo di ridurre o riassorbire le emissioni globali di CO2 e altri gas ad effetto serra.

Questo gioco di compensazioni, tra imprese più o meno virtuose, guida i processi industriali verso una riduzione delle emissioni di gas responsabili del riscaldamento climatico globale e, al contempo, finanzia attività di tutela ambientale e climatica, verso una transizione sostenibile.

Presa consapevolezza della problematica situazione climatica in cui riversa il Pianeta, questo mercato nasce come strumento, nelle mani delle imprese, per sopperire alla propria impronta ambientale (o carbon footprint).

In quest’ottica, la sfida è adattare il proprio modello di business in vista del raggiungimento degli obiettivi SDG 2030 e degli obiettivi di decarbonizzazione di attività e prodotti.

Strategicamente quindi, investire in crediti di CO2 e/o raggiungere la carbon neutrality, oltre a soddisfare i requisiti di rendicontazione aziendale in termini di sostenibilità e di CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), costituisce un elemento di differenziazione per le aziende sul mercato, con guadagni in termini di competitività, posizionamento e reputation, senza contare gli impatti positivi sull’ambiente e i benefici in termini economici che possono derivare dalla vendita dei carbon credit in eccedenza.

Certificazioni per la Carbon Neutrality delle imprese

Strumenti a sostegno delle imprese nei processi di riduzione delle emissioni e di quantificazione della carbon footprint, sono le certificazioni PAS 2060 e ISO 14068 che certificano la carbon neutrality.

La ISO 14068, promossa di recente, offre linee guida volte a quantificare e gestire l'impronta di carbonio di un'organizzazione, aiutando a identificare le aree critiche su cui concentrare gli sforzi.
Precedentemente, invece, si faceva riferimento allo standard normativo PAS 2060, che consentiva di migliorare le performance delle imprese nell’ambito della carbon neutrality e aumentare la trasparenza delle dichiarazioni carbon neutral. 

Tale certificazione si ottiene in seguito alla validazione delle azioni messe in campo e dei risultati raggiunti dalle organizzazioni, e garantisce uniformità nelle tecniche di calcolo della riduzione delle emissioni di CO2, in un percorso di decarbonizzazione che va dalla misurazione della carbon footprint alla compensazione delle emissioni difficilmente riducibili.

La trasparenza delle informazioni garantita dalla certificazione PAS 2060 aiuta a contrastare il fenomeno del greenwashing. 

I vantaggi principali delle certificazioni di carbon neutrality per le aziende consistono in:
  • ottimizzato uso delle risorse, consumi energetici ridotti e conseguente abbattimento dei costi;
  • accesso a nuovi mercati e fondi di investimento;
  • migliore posizionamento sul mercato, visibilità e valore aggiunto offerto.

Come funzionano i carbon credit

Crescendo l’interesse delle aziende a raggiungere la carbon neutrality, cresce di conseguenza l’interesse per i crediti di carbonio, volti a bilanciare la propria carbon footprint.

Questi crediti vengono generati attraverso la realizzazione di progetti certificati, scambiati sul mercato, e infine annullati su un registro pubblico per compensare l’emissione di CO2 a cui il credito corrisponde.

I crediti di compensazione sono, quindi, uno strumento utile per:
  • tenere traccia dell'anidride carbonica assorbita o evitata grazie a progetti certificati;
  • quantificare l’anidride carbonica compensata da chi li acquista;
  • contrastare gli effetti del climate change, finanziando progetti sostenibili nelle aree più colpite del pianeta.
Le imprese dovrebbero in primo luogo porsi l’obiettivo di riduzione delle emissioni derivanti dai processi produttivi, e solo successivamente acquistare crediti di CO2 per tutte quelle emissioni che si fatica ad abbattere.

La logica che sta dietro il mercato dei crediti di carbonio è lineare: il debito che ha chi emette CO2 nei confronti del pianeta , viene ridotto finanziando progetti che assorbono dall’atmosfera una quantità di gas serra pari a quella emessa, ad esempio i progetti di afforestazione.

Il valore dei carbon credit

Così come accade per gli altri strumenti finanziari, anche la regolamentazione e lo scambio dei crediti di carbonio avviene mediante una borsa internazionale del carbonio e, di conseguenza, il loro valore varia seguendo le oscillazioni di mercato

Imprese e Governi prestano molta attenzione all’andamento del costo dei carbon credit, per acquistarli nel momento più conveniente. Sul mercato europeo, nel 2017 il costo di una tonnellata di CO2 oscillava tra i 4 e 5 euro. Nel 2023, in seguito alla pandemia, con la ripresa produttiva ha toccato i 105 euro.

Crediti di CO2: requisiti e chi li certifica

È importante che le imprese valutino bene la qualità dei progetti a cui partecipare per ottenere i crediti di compensazione.

 I requisiti che i progetti sostenibili devono possedere per generare carbon credit certificati, sono determinati nel Verified Carbon Standard, definito dagli enti certificatori, tra i più noti Verra, Gold Standard e Plan Vivo, che tengono traccia di tutte le transazioni di compravendita dei crediti di carbonio in un registro finanziario. 
Tra i requisiti troviamo:
  • Realtà: bisogna provare che il progetto esista e che compensi le emissioni di CO2.
  • Misurabilità: la quantità di emissioni che sono state assorbite dall’atmosfera o evitate deve poter essere misurata.  ‍
  • Permanenza: queste riduzioni di emissioni devono durare nel lungo termine.
  • Addizionalità: l’unico scopo del progetto deve essere assorbire e/o evitare l’emissione di gas con effetto serra, da cui deve derivare la sua sostenibilità economica.
  • Co-benefici positivi: il progetto deve prevedere effetti collaterali positivi, oltre la riduzione delle emissioni, prevedendo attività a beneficio delle comunità locali e della biodiversità. ‍
  • Audit di terze parti: tutte le riduzioni di emissioni devono essere verificate da un ente certificatore.
  • Trasparenza: le informazioni devono essere chiare e accessibili.
  • Conservatività: l’effettiva capacità del progetto di ridurre le emissioni dev’essere basata su dati attuali ed effettivi, mai futuri, e non dev’essere sovrastimata.

Il mercato dei crediti di carbonio: come funziona

Esistono, ad oggi, 2 tipologie di mercato dei carbon credit.

Un mercato regolamentato obbligatorio (Ets), che è il sistema europeo di scambio delle quote di emissione. Questo sistema obbliga le aziende di alcuni settori industriali, forti emettitori di gas ad effetto serra (quali ad esempio raffinerie, acciaierie), a detenere un permesso di emissione di CO2.

Questi permessi vengono rilasciati dalla Commissione Europea alle società che partecipano al mercato e variano a seconda del settore. Le società ricevono poi annualmente una revisione con le quantità di CO2 effettivamente emessa. 

Se le emissioni effettive superano il livello previsto dal permesso, saranno obbligate a pagare una mora e ad acquistare crediti di compensazione. Nel caso avessero emesso di meno, possono vendere i loro crediti sul mercato.

Da qui nasce in parallelo il mercato volontario, in cui le imprese che mirano alla carbon neutrality, ma non sono soggette ad obblighi imposti dall’Unione Europea, possono decidere di acquistare crediti di carbonio messi a disposizione da società che non hanno emesso, o l’hanno fatto in misura minore.

Le quote di carbon credit vengono vendute all’asta in una borsa valori nel mercato regolamentato, che è cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni. 
Oggi vede uno scambio, ogni giorno, tra 20 e 30 milioni di tonnellate di CO2.

Compensazioni fittizie nel mercato dei carbon credit

Di recente però, questa categoria di investimenti ha suscitato forti dubbi sulla sua integrità, è stata infatti messa in dubbio la qualità dei carbon credit, che venivano acquistati dalle imprese, ma non veniva poi rispettato il meccanismo della compensazione.

L’Unione Europea, infatti, nella direttiva contro il greenwashing ha denunciato la mancanza di trasparenza del sistema dei carbon credit.

Rilevante, a tal proposito, è stato lo scandalo che ha investito Verra, l’ente certificatore della qualità dei progetti generanti i carbon credit, sollevato da un’inchiesta di The Guardian
È emerso che il 94% delle compensazioni di emissioni legate alla foresta pluviale e fornite da Verra, equivalenti a circa il 40% dei crediti globali approvati dall’organizzazione, erano privi di valore, vale a dire che diversi progetti di protezione delle foreste, in sostanza, non avevano prodotto le riduzioni di emissioni dichiarate inizialmente.

L’inchiesta pone grosse perplessità sul mercato volontario, dove le imprese decidono di acquistare crediti perché interessate alla carbon neutrality.
Questa etichetta potrebbe celare il rischio di Greenwashing, in particolare per i progetti orientati alla conservazione e tutela delle foreste REDD+.

Secondo Lucio Brotto, fondatore di Etifor, azienda di consulenza in ambito ambientale, il tallone d’Achille del mercato dei crediti di carbonio sta nel fatto che il focus principale è esclusivamente su quanto un’impresa deve compensare e non sulla quantificazione effettiva della riduzione delle sue emissioni.

In seguito a questa vicenda, anche le istituzioni si sono mosse, temendo che ciò potesse vanificare gli investimenti sostenibili delle imprese e quindi ostacolare la lotta al climate change. L’obiettivo è far sì che le imprese, obbligatoriamente, definiscano in primis fino a che punto possono agire per ridurre le emissioni, e soltanto in seconda battuta focalizzarsi sulla compensazione.

Il Parlamento europeo si è espresso votando contro l’uso di certificazioni di sostenibilità basate esclusivamente su indicazioni ambientali generiche e vietando le dichiarazioni ambientali basate esclusivamente su sistemi di compensazione delle emissioni di carbonio.

Nonostante le evidenti criticità che interessano questo settore, il mercato dei crediti di carbonio è in crescita e presenta ad oggi elementi di miglioramento:
  1. Chi decide di accedere volontariamente al mercato dei carbon credit è sempre più esigente e attento ai rischi, ricercando opzioni di credito qualitativamente migliori;
  2. Diventano più stringenti i controlli e le linee guida degli enti certificatori, in modo da rendere il mercato più integro ed affidabile.
  3. Si stanno diffondendo tecnologie più nuove ed avanzate che possano garantire una maggiore trasparenza e un miglior monitoraggio, come ad esempio, piattaforme che verificano e valutano la qualità dei crediti di carbonio.

Cosa possiamo fare per te

Affrontare gli impatti del climate change non è più un problema di pochi, agire per salvaguardare il pianeta è responsabilità di tutti. 
Per poter sfruttare il vantaggio legato ai concetti di sostenibilità ed etica, è necessario che le imprese mettano in campo azioni concrete e verificabili, attestate da certificazioni aziendali, garanzia del reale impegno e contributo alla lotta ai cambiamenti climatici.

Gli Innovation Manager ed Esperti di Sostenibilità di Archita Engineering guideranno la tua impresa in un percorso più sostenibile, riducendo l’impatto ambientale delle tue attività.

Dopo un attento processo di misurazione e quantificazione delle emissioni di gas serra, dirette e indirette, che avvengono all’interno dei tuoi stabilimenti produttivi, ti accompagneranno in un percorso di Carbon Strategy, volto alla riduzione progressiva delle emissioni, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile, e all’ottenimento delle certificazioni di carbon neutrality.
Avrai accesso al mercato dei carbon credit, generando benefici non solo per l’ambiente, ma anche per la tua impresa, in termini di posizionamento, competitività ed immagine aziendale.

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Foto di Francesco Vigliaturo, direttore tecnico di Archita Engineering.

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