Approfondimenti

Scroll

Crediti di carbonio: trasforma la sostenibilità in vantaggio competitivo

Vista aerea di una foresta con scritta CO2 che rappresenta i crediti di carbonio e i progetti di compensazione delle emissioni attraverso la riforestazione.
 Nel panorama attuale, la lotta ai cambiamenti climatici è diventata una priorità ineludibile per le aziende di ogni settore. L'urgenza di ridurre le emissioni di gas serra (GHG) e di adottare pratiche più sostenibili spinge le imprese a cercare strumenti efficaci per contribuire alla transizione ecologica. 

In questo contesto, i crediti di carbonio emergono come uno strumento finanziario e ambientale cruciale, permettendo alle imprese di compensare le proprie emissioni e di investire attivamente in progetti che riducono o rimuovono CO2 dall'atmosfera. 

Ma cosa sono esattamente i crediti di carbonio, e, soprattutto, in che modo le aziende possono sfruttare questa opportunità per migliorare la propria sostenibilità?

In questo articolo troverai quante più informazioni per conoscere questo mercato in evoluzione.

Cosa sono i crediti di carbonio e perché sono cruciali per le aziende

Un credito di carbonio è un'unità negoziabile che corrisponde alla riduzione o alla rimozione di una tonnellata di anidride carbonica equivalente (tCO₂e) dall’atmosfera. Questi crediti vengono generati da progetti pensati per mitigare il cambiamento climatico, secondo standard riconosciuti che ne garantiscono la qualità e la tracciabilità.

Oggi si contano oltre 170 tipologie di crediti di carbonio, a testimonianza della crescente diversificazione degli approcci alla decarbonizzazione. Tra le categorie più rappresentative rientrano sicuramente i progetti di riforestazione e tutela delle foreste, quelli legati alla produzione di energia rinnovabile e gli interventi di efficienza energetica, in ambito sia industriale che domestico. Questa varietà consente alle imprese di scegliere soluzioni coerenti con i propri obiettivi climatici, contribuendo nel contempo alla transizione verso un’economia a basse emissioni.

In quanto negoziabili, i crediti di carbonio stanno diventando uno strumento chiave nelle strategie aziendali di 'net-zero', consentendo alle imprese di compensare una parte delle emissioni residue — ovvero quelle che, pur dopo il raggiungimento di obiettivi di riduzione a medio-lungo termine (ad esempio validati da SBTi), non possono essere eliminate direttamente attraverso le politiche aziendali di mitigazione.

La generazione e l’utilizzo dei crediti di carbonio offrono alle imprese molteplici vantaggi strategici, che vanno ben oltre la semplice conformità ambientale:
  • Miglioramento del rating ESG (Environmental, Social, Governance), grazie a un impegno concreto nella riduzione delle emissioni, elemento chiave per attrarre investitori e stakeholder sensibili ai criteri di sostenibilità
  • Rafforzamento dell’immagine e della reputazione aziendale, con un impatto positivo sulla fiducia e la lealtà di clienti e partner
  • Creazione di valore economico, trasformando i crediti in un asset strategico che accresce la competitività sul mercato
  • Accesso ai mercati internazionali, attraverso la possibilità di scambiare crediti su piattaforme globali e partecipare attivamente alle iniziative mondiali per la decarbonizzazione.

Le tipologie di mercati del carbonio

Il mercato dei crediti di carbonio si articola in due segmenti: obbligatorio (o regolamentato) e volontario.

Il mercato obbligatorio dei crediti di carbonio si basa su normative e limiti di emissione fissati da autorità governative o sovranazionali. Un è l’EU ETS (European Union Emission Trading System), un sistema di cap and trade europeo che stabilisce un tetto massimo complessivo alle emissioni di gas serra per determinati settori industriali. L’ente regolatore definisce questo limite (cap) e assegna o mette all’asta permessi di emissione, noti come compliance permits, che rappresentano il diritto a emettere una certa quantità di CO₂. Le aziende soggette agli obblighi di riduzione devono detenere permessi sufficienti a coprire le proprie emissioni. Questi permessi sono trasferibili: le aziende che riducono le emissioni possono vendere i permessi in eccesso a chi ne ha bisogno, generando un mercato di scambio (trade). Questo meccanismo crea un incentivo economico efficace a ridurre le emissioni, poiché il costo dei permessi spinge le aziende a investire in tecnologie più pulite o a migliorare l’efficienza energetica, contribuendo così agli obiettivi di sostenibilità fissati dall’ente legislatore.

A differenza del mercato obbligatorio, il mercato volontario del carbonio si basa su iniziative spontanee: aziende e privati scelgono di compensare le proprie emissioni per raggiungere obiettivi ambientali, di sostenibilità o reputazionali, come il net zero, senza essere soggetti a obblighi normativi. I crediti sono generati da progetti che rimuovono o evitano emissioni di gas serra, ma non esiste un tetto massimo predefinito alla quantità di crediti producibili, e ciò rappresenta una delle principali differenze strutturali rispetto al mercato regolamentato.

In questo contesto, l’emissione dei crediti è gestita da organizzazioni chiamate “registri”, che stabiliscono e applicano standard metodologici per garantire la qualità dei progetti. I registri emettono, tracciano e ritirano i crediti attraverso piattaforme elettroniche dedicate. Ogni credito è identificato da un codice univoco, non è fungibile né scambiabile liberamente, e può essere acquistato solo attraverso specifiche piattaforme digitali o aste. Dopo l’acquisto, il credito può essere "ritirato" (cioè annullato) per essere ufficialmente utilizzato come compensazione.

Il principale registro a livello globale è Verra, con il suo Verified Carbon Standard (VCS), che gestisce circa il 95% dei crediti emessi nel mercato volontario al di fuori di Stati Uniti, Canada e Messico. Altri registri noti includono Gold Standard, Climate Action Reserve e American Carbon Registry.

Criteri di qualità e principi fondamentali

Per assicurare che i crediti riflettano effettive riduzioni di emissioni, ogni progetto deve rispettare criteri rigorosi, tra cui:
  • Addizionalità: il progetto non avrebbe avuto luogo senza il sostegno finanziario derivante dalla vendita dei crediti deve superare barriere economiche, normative o tecniche
  • Baseline: definisce lo scenario di riferimento, ovvero cosa sarebbe accaduto in assenza del progetto
  • Verifica periodica: un ente terzo indipendente valuta quanto carbonio è stato effettivamente rimosso o evitato, e con quale accuratezza
  • Leakage: valuta il rischio che le attività del progetto causino indirettamente emissioni altrove
  • Permanenza: i benefici climatici devono essere duraturi. In progetti come la riforestazione, è previsto un “buffer pool”, ovvero una riserva di crediti non commerciabili, per compensare eventuali perdite dovute a incendi, eventi climatici estremi o abbandono del progetto.
Esistono anche agenzie di rating e organizzazioni indipendenti come Science Based Targets Initiative (SBTi), Integrity Council for the Voluntary Carbon Market (ICVCM) e Voluntary Carbon Markets Integrity Initiative (VCMI), che valutano la qualità e l’integrità dei progetti, contribuendo ad aumentare la trasparenza e la fiducia nel mercato.

Il mercato volontario del carbonio in Italia: opportunità e criticità

Attualmente, il mercato volontario presenta alcune criticità:
  • progetti ad oggi troppo onerosi e di grossa portata rispetto a quanto generano i progetti per l’ottenimento di crediti di carbonio sono molto ampi e onerosi e difficilmente invitano le piccole realtà ad approcciarsi a questo tema
  • prezzi dei crediti di carbonio ancora bassi, che non incentivano adeguatamente i potenziali generatori di crediti, come gli agricoltori che implementano pratiche mirate per assorbire CO2 dall’atmosfera ed immagazzinarla nel suolo o nella vegetazione
  • dipendenza dall'acquisto "a costi contenuti" provocato dalle aziende acquirenti, che preferiscono acquistare crediti economici limitando gli investimenti in nuove iniziative e progetti di riduzione del carbonio
  • processo di validazione e di vendita/acquisto dei crediti ancora troppo complesso.
Il contesto italiano dei crediti di carbonio è ancora poco sviluppato rispetto al potenziale. Solo il 7% dei crediti acquistati dalle aziende italiane proviene da progetti generati sul territorio nazionale, mentre il restante 93% è importato, spesso da paesi extra-UE, dove i costi di implementazione sono inferiori ma la qualità climatica e sociale è talvolta messa in discussione (fonte: Il Sole 24 Ore).

Questa forte dipendenza dall'estero apre un'opportunità strategica per favorire lo sviluppo di progetti italiani, in particolare quelli basati su soluzioni nature-based e sull’efficienza energetica. Tuttavia, l’Italia presenta sfide territoriali e strutturali non trascurabili: l'elevata frammentazione fondiaria, la mancanza di grandi superfici disponibili e la scarsa idoneità del territorio alla riforestazione su larga scala rendono difficile la creazione di progetti forestali comparabili a quelli in paesi tropicali o nordici.

A livello normativo, il Regolamento UE 2024/3012 ha aperto nuovi orizzonti, riconoscendo ufficialmente le rimozioni di carbonio naturali (es. silvicoltura) e tecniche (es. biochar, CCS) come strumenti validi per contribuire agli obiettivi climatici. Dal 2036, l’UE permetterà anche di conteggiare crediti internazionali di alta qualità fino al 3% del target di riduzione delle emissioni al 2040, una misura che potrebbe alleggerire la pressione interna ma anche rafforzare la concorrenza.

Per favorire una crescita sostenibile del VCM italiano, è fondamentale:
  • costruire fiducia tra tutti gli attori della filiera: imprese agricole, enti certificatori, sviluppatori di progetto e acquirenti;
  • definire metodologie di misurazione trasparenti, credibili e accessibili, evitando costi proibitivi legati a tecniche di analisi troppo complesse (es. carbon stock nel suolo);
  • valorizzare i co-benefici ambientali e sociali (es. inclusione delle comunità locali, tutela del paesaggio, biodiversità);
  • esplorare forme di integrazione con il mercato regolato, eventualmente riconoscendo (con requisiti chiari) i crediti volontari di alta qualità all'interno degli strumenti di conformità.
Solo attraverso uno standard nazionale robusto e credibile, l’Italia potrà sbloccare appieno il potenziale dei propri ecosistemi agricoli e forestali come strumenti di rimozione del carbonio, generando valore ambientale, economico e sociale sul territorio.

UNI ISO 14064-2: la certificazione dei progetti di riduzione e rimozione delle emissioni


Affinché i progetti di carbon offsetting abbiano valore reale e siano credibili agli occhi del mercato e degli stakeholder, è essenziale che rispettino uno standard riconosciuto a livello internazionale. La norma di riferimento in questo ambito è la UNI ISO 14064-2, che stabilisce i requisiti per la quantificazione, il monitoraggio e la rendicontazione delle riduzioni o rimozioni di gas serra ottenute da un progetto specifico. L’obiettivo è garantire che i crediti generati siano verificabili, tracciabili e soprattutto realmente addizionali, cioè che derivino da attività che non sarebbero avvenute in assenza del progetto.

La norma fornisce un quadro metodologico rigoroso, basato su criteri di rilevanza, completezza, trasparenza, consistenza e accuratezza. Questi principi guidano tutte le fasi della gestione del progetto: dalla definizione dei confini operativi, alla selezione della baseline, fino alla verifica finale. Particolarmente importante è l’obbligo di coinvolgere un ente terzo indipendente per la validazione e la verifica del progetto, in linea con quanto previsto dalla ISO 14064-3. In sostanza, la UNI ISO 14064-2 rappresenta uno strumento fondamentale per evitare fenomeni di greenwashing e per assicurare che le tonnellate di CO₂ evitate o rimosse siano effettivamente quantificabili, durevoli e attribuibili con certezza a un intervento misurabile. Solo aderendo a questa norma i progetti possono essere considerati affidabili e avere accesso ai principali registri internazionali del mercato volontario del carbonio.

ISO 14068: il nuovo standard per la carbon neutrality e il net zero

Nel 2023 è stato pubblicato un nuovo standard internazionale, la ISO 14068-1, che ridefinisce il concetto di carbon neutrality in modo più stringente e strategico rispetto alle normative precedenti, come la PAS 2060. Mentre quest’ultima permetteva di raggiungere la neutralità climatica attraverso la sola compensazione delle emissioni, anche al 100%, la nuova ISO introduce un approccio più strutturato, orientato alla riduzione reale delle emissioni prima della compensazione.

La norma prevede che ogni organizzazione, ente o prodotto che desideri dichiararsi carbon neutral debba innanzitutto quantificare in modo completo le proprie emissioni di gas serra, lungo l’intero ciclo di vita e su tutti gli ambiti rilevanti (Scope 1, 2 e 3). Questa fase viene seguita dalla definizione di un piano strategico di decarbonizzazione a medio-lungo termine, che includa obiettivi di riduzione coerenti con la scienza climatica, anche in linea con i criteri SBTi, laddove applicabile. È fondamentale dimostrare un impegno concreto e misurabile nella riduzione delle emissioni. La compensazione, in base alla ISO 14068, può avvenire solo per la quota residuale, ossia quella parte di emissioni che non può essere tecnicamente o economicamente evitata. In questo contesto, l’utilizzo di crediti di carbonio è ammesso solo se conformi ai requisiti previsti dal Capitolo 9 della norma, che stabilisce condizioni rigorose come l’addizionalità, la permanenza, l’assenza di doppio conteggio, la trasparenza del progetto e il rispetto di criteri ambientali e sociali. La ISO 14068 prevede anche un meccanismo di verifica in due tempi. 

Nel primo anno viene definito e formalizzato il piano di decarbonizzazione, con l’analisi dei rischi e delle priorità di intervento. Nel secondo anno, un ente di terza parte indipendente verifica l’attuazione delle misure previste e la correttezza delle compensazioni effettuate, qualora già presenti. Questo sistema rafforza la credibilità della dichiarazione di neutralità climatica e impone una comunicazione trasparente, continua e basata su dati verificabili.

Il passaggio dalla PAS 2060 alla ISO 14068 segna quindi un’evoluzione importante: non è più sufficiente acquistare crediti per affermare di essere “carbon neutral”, ma occorre dimostrare riduzioni reali, pianificate e verificate, inserite in una strategia coerente di lungo periodo. Solo così la compensazione potrà essere considerata legittima e coerente con gli obiettivi climatici globali.

Cosa possiamo fare per te

In qualità di ESCO certificata, Archita Engineering è il partner strategico ideale per guidare la tua azienda nel percorso verso la sostenibilità e il mondo dei carbon credit. 

Il team di ingegneri e ambientali e innovation manager e di esperti con competenze in ambiente e sostenibilità offre servizi quali:
  • valutazione della carbon footprint di prodotto e di organizzazione
  • analisi di ciclo vita 
  • assistenza nella progettazione di attività volte alla riduzione delle emissioni
  • gestione di processi di certificazione secondo gli standard
  • valutazione delle migliori opportunità per la tua azienda
Grazie ad Archita Engineering potrai trasformare la sostenibilità da obbligo normativo a vantaggio competitivo, creando valore concreto per la tua impresa e contribuendo efficacemente alla lotta ai cambiamenti climatici.

Non aspettare, entra nel mondo dei crediti di carbonio e scopri le opportunità che ti attendono.

Contattaci per una consulenza.

Ti è piaciuto l'articolo e vuoi ricevere gli aggiornamenti più significativi sulle novità di questo settore? Iscriviti qui alla Newsletter di Archita Engineering.
 

Vuoi saperne di più sulle nostre competenze?

Foto di Francesco Vigliaturo, direttore tecnico di Archita Engineering.

Contatta Francesco Vigliaturo dell'area Sostenibilità

Tutti gli articoli Contattaci