Prezzi delle emissioni 2023, quali prospettive per l'Eurozona

Il sistema ETS, dal 2005, punta a ridurre l’inquinamento dei grandi gruppi industriali e aziende ad alto consumo di energia attraverso il “cap and trade” finanziario che regola l’acquisto di quote di compensazione in proporzione ai consumi di Co2.
Fino al 2017 era stato lo scenario di attività speculative che avevano portato il prezzo del carbonio intorno ai 5 euro a tonnellata, rendendo di fatto inutile l’intero meccanismo.
Il 20 febbraio scorso, il prezzo del carbonio è arrivato a toccare i 100 euro a tonnellata, con la prospettiva che altri Emission Trading System vedano incrementare ulteriormente la cifra per il periodo 2026 - 2030.

Cosa significa questo e quali sono le prospettive per il futuro?

Le azioni dell’UE in materia di riduzione delle emissioni di Co2 sono state, negli ultimi anni, di grande impatto per tutto il tessuto produttivo dell’eurozona. L’approccio seguito negli ultimi anni, a partire dalla regolarizzazione del mercato ETS del 2017, per arrivare alle politiche di finanza sostenibile per far fronte alla crisi energetica causata dal conflitto russo-ucraino, ha segnato un aumento pressoché costante del prezzo del gas. 
Il picco raggiunto nell’inverno del 2022 rappresenta, da un lato, una delle premesse che sta spingendo l’Europa a diventare il volano della Green Sustainability del prossimo futuro, dall’altro genera le condizioni perfette per un’analisi dell’azienda volta a potenziarne la sostenibilità attraverso processi green, dismettendo le pratiche inquinanti.

In uno scenario di compravendita di quote che “autorizzano” la produzione di gas serra, il modello di emissione di tali quote è cruciale. Per questo motivo, le modifiche al sistema ETS discusse nel 2017 avevano, tra gli altri, lo scopo di disincentivare l’importazione di Co2 dai Paesi che non applicavano le medesime pratiche virtuose, allo scopo di tagliare fuori dal mercato le speculazioni. Oltre a ciò, era stata regolata l’emissione a titolo gratuito delle quote, in favore dell’obbligo di acquisto, provvedimento che aveva incontrato le resistenze, tra gli altri, anche dell’Italia. 
Per questo motivo il dibattito si stava orientando, negli ultimi anni, verso l’istituzione di una Carbon Tax per le grandi imprese e i grandi gruppi energivori, che ad oggi però trova un’applicazione solo parziale e solo in alcuni territori dell’UE.

Alla luce del prezzo raggiunto dalle emissioni, per l’impresa italiana emerge la necessità di integrare politiche di monitoraggio energetico e ottimizzazione dei processi in ogni area aziendale. Necessità alla quale l’Unione Europea ha dimostrato di voler far fronte attraverso l’impegno rappresentato dal piano Fit For 55, che ambisce a ridisegnare le strategie di sviluppo di settori chiave come la metalmeccanica, l’agricoltura e la mobilità per abbattere del 55%, entro il 2030 (con riferimento ai valori del 1990), le emissioni derivate dai processi. 
L’opportunità rappresentata da una transizione ecologica per l’impresa è evidente tanto per l’azienda che decida di dismettere un processo ad alto dispendio energetico e di inquinamento, quanto per quelle aziende che possano offrire soluzioni in questo senso. Le prospettive raccontano di una situazione in assestamento, ma che sta già offrendo dati importanti sui vantaggi raccolti da chi ha scelto di prendere parte alla transizione 4.0 

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